Pulizia e Sterilizzazione

Gli strumenti che vengono usati sui pazienti sono monouso?

Dipende. Alcuni strumenti e attrezzature sono necessariamente monouso, come ad esempio il telino protettivo per il paziente, i guanti o le pellicole adesive di barriera sulla poltrona. Ciò significa che vengono rimossi, gettati e sostituiti al termine di ogni seduta e prima che venga accomodato il paziente successivo.

Altri strumenti invece non vengono buttati via perché possono essere sterilizzati, come ad esempio tutto lo strumentario metallico (specchietti, specilli, pinzette, manipoli della poltrona).

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Cosa significa sterilizzazione?

Il processo di sterilizzazione serve ad eliminare qualsiasi traccia organica dallo strumentario utilizzato in un ambiente medico durante i trattamenti. Lo scopo è quello di garantire la sicurezza di pazienti e operatori ed impedire contaminazioni da agenti biologici (sangue, saliva) potenzialmente infettivi. Questo concetto di sicurezza è regolamentato dal D.Lgs 81/08 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro).

Nella realtà, la sterilizzazione degli strumenti è solo l’ultimo di una serie di passaggi previsti da un rigido e controllato protocollo di pulizia, decontaminazione e sterilizzazione che inizia appena è terminato l’appuntamento e il paziente viene fatto accomodare fuori dall’ambulatorio.

Come viene eseguita la sterilizzazione?

La procedura di sterilizzazione prevede 3 fasi: il lavaggio, la decontaminazione in vasca ultrasuoni e la sterilizzazione in autoclave.

Il lavaggio prevede l’eliminazione dei frammenti organici macroscopici (visibili ad occhio nudo) con l’ausilio di spazzole metalliche.

La decontaminazione in vasca ad ultrasuoni prevede la pulizia degli oggetti dalle impurezze più tenaci e disposte in cavità difficilmente raggiungibili manualmente. La vasca viene riempita con un disinfettante specifico per attrezzature mediche. Il meccanismo di lavaggio ad ultrasuoni consiste in un generatore che produce vibrazioni ultrasoniche con una frequenza di circa 45.000 oscillazioni al secondo. Queste micro-vibrazioni creano all’interno del liquido microscopiche bollicine di cavitazione che implodendo generano energie acustiche d’urto che distaccano anche lo sporco più profondo dagli oggetti da pulire.

La fase di sterilizzazione vera e propria avviene all’interno di un macchinario chiamato autoclave. La norma EN 556, che rappresenta lo standard per le autoclavi a vapore, indica che un’autoclave è da considerarsi in linea con il principio di fattibilità tecnologica se la probabilità di trovare un microrganismo vitale all’interno di un lotto sterilizzato è inferiore a uno su un milione. Qualsiasi studio odontoiatrico a norma è dotato di un’autoclave a vapore in grado di raggiungere questo risultato.

Esistono 3 classi di autoclavi (N = Naked solid products, B = Big small sterilizers, S = Specified by the manufacturer, cioè tutte le altre). In uno studio dentistico si utilizzano autoclavi di classe B; si tratta di macchinari con prestazioni analoghe a quelle utilizzate in una struttura ospedaliera; il carico può essere rappresentato da materiali porosi, corpi cavi (turbine, manipoli, cannule) e materiali tessili (garze, camici); l’autoclave deve soddisfare specifici requisiti di biosicurezza stabiliti dal D.Lgs. 81/08 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) e deve rispondere ai requisiti UNI EN 13060, il quale indica anche quali test vanno effettuati per accertarne il corretto funzionamento.

Un’autoclave di tipo B è fornita di una pompa del vuoto integrata e funziona con un sistema di “vuoto frazionato”; ciò significa che prima di iniziare la vera e propria fase di sterilizzazione, compie tre cicli di svuotamento e riempimento della camera; ciò consente di estrarre le bolle d’aria da piccole cavità o porosità degli strumenti e permette al vapore di entrare in contatto con tutta la superficie interna ed esterna dei dispositivi, sterilizzandoli perfettamente.

Le temperature raggiunte variano tra i 121°C e i 138°C.

Come faccio ad essere sicuro che la sterilizzazione sia efficace?

Il 2° comma dell’art. 1176 c.c. (diligenza professionale) impone al professionista di adottare tutte le cautele necessarie per evitare di provocare danni a terzi nell’esercizio della propria attività. Il titolare dello Studio è quindi tenuto a scegliere quali cautele adottare e stilare un rigido protocollo per rispettarle. Si tratta del protocollo di pulizia, decontaminazione e sterilizzazione, le cui procedure sono seguite categoricamente al termine di ogni appuntamento, senza eccezioni.

L’obbligo di sterilizzazione è poi imposto specificatamente agli odontoiatri dal D.M. 28/09/1990 del Ministero della Sanità in tema di “Norme di protezione dal contagio professionale da HIV” che recita: “è obbligatorio sterilizzare gli strumenti, i manipoli, gli ablatori ad ultrasuoni, le siringhe aria/acqua, le frese e qualsiasi altro strumento che venga a contatto con le mucose, se riutilizzabile, dopo l’utilizzo su ciascun paziente”.

Inoltre, i macchinari utilizzati per le procedure di decontaminazione e sterilizzazione sono periodicamente sottoposti a specifici test di funzionamento e a procedure di manutenzione, regolamentati dalla normativa UNI EN 13060. In particolare, l’autoclave va sottoposta a dei test che evidenzino potenziali malfunzionamenti della pompa, perdite d’aria dalla guarnizione dello sportello o dai raccordi delle tubazioni, la buona tenuta delle elettrovalvole e il corretto raggiungimento dei limiti di vuoto preimpostati su ogni macchinario; altri test verificano la corretta penetrazione del vapore all’interno dei corpi porosi e dei corpi cavi.